Ogni progetto nasce da un impulso esterno, da un immagine mentale a cui fare riferimento. Questa immagine viene rielaborata, de-costruita, spesso anche distrutta, ricomposta, riadattata. Fa parte di un processo di avvicinamento al progetto finale. Giornate passate nel elaborare il processo creativo, in qualsiasi momento della giornata rimango avvolto da quell’idea e bloccato dalla pagina bianca della Moleskine. Mi piace sfogliare le pagine disegnate, trovo lo scorrere del tempo e le difficoltà dei giorni, settimane, mesi, precedenti. Non sono disegni belli, cerco solo di fermare un’immagine, un pensiero. Su questa immagine baso la seconda parte del lavoro, definendo uno spazio. E spesso emerge che quanto immaginato non funziona. Pranzo in silenzio, cammino e pedalo in silenzio, ma dentro di me c'è un grande subbuglio.
Penso ad una frase di Michael Jordan: "Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi dalla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di novemila tiri. Ho perso quasi trecento partite. Trentasei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l'ho sbagliato. Nella vita ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto."
Riordino le idee, la scadenza per la presentazione del progetto è tra pochi giorni. Ho in mano l'ultimo tiro, lancio la palla, forse non è riuscito così bene come avrei voluto, ma la direzione è giusta. La palla scende verso il canestro. Trattengo il respiro in attesa di vedere il risultato finale.